“IL FIGLIO DI BABBO NATALE”DI SARAH SMITH E BARRY COOK
1 Gennaio 2012“J.EDGAR”DI CLINT EASTWOOD
5 Gennaio 2012Cast:Jean Dujardin,Bérénice Bejo,James Cromwell,John Goodman,Penelope Ann Miller,Missi Pyle
Riesce molto bene al regista francese Michel Hazanavicius l’operazione di girare un film muto nell’era degli effetti speciali e del digitale in 3D. Con The Artist realizza infatti un film muto e in bianco e nero. Un’operazione che nello stesso tempo diverte,emoziona e sorprende perché chiaramente al giorno d’oggi sono ben pochi,e per lo più addetti ai lavori,coloro che hanno visto un film senza sonoro.
Un film che ha riscosso un successo notevole grazie anche alla grande interpretazione del bravissimo Jean Dujardin(premiato come migliore attore al Festival di Cannes),che del resto con Hazanavicius ha grande successo in Francia con la riproposta di una serie-cult di spionaggio,Oss 117,a suo tempo resa famosa da Belmondo e De Broca. Ma al successo della pellicola oltre al sullodato Dujardin,attore sopraffino,molto celebre in Francia,che rende con grande partecipazione il senso del film,
contribuisce una eccezionale Bérénice Bejo, dal sorriso scintillante e malizioso. Lui con una interpretazione sempre divertita e quasi straniata rispetto al personaggio,lei scaltra e aggressiva ma anche capace di riconoscenza riescono a rendere plausibile un racconto che si basa su piani apparentemente assai lontani tra loro, il film muto di fine anni Venti e il film invece girato oggi.
The artist si riferisce ai film muti girati sino al 1929, in bianco e nero,quindi,una tecnica abbandonata,raramente ripresa a onor del vero. Anno 1929 fine del cinema muto,anno 1940 avvento del sonoro e sparizione progressiva del bianco e nero.Anche la stessa televisione,partita con il bianco e nero,si è ben presto convertita al colore, anche qui la convinzione è stata che il pubblico giovane non tollerava più il bianco e nero come a suo tempo aveva aborrito il muto.
Hazanavicius si cimenta quindi in una operazione che sembra perduta in partenza, ricorrendo al muto,al bianco nero, a una storia abbastanza scontata in partenza con ,riducendola all’osso, i giovani che fanno le scarpe ai vecchi. Ma il regista francese lo fa con una semplicità e una raffinatezza tali che riesce a commuoverci, non ha bisogno del suono o del colore per trasmetterci delle sensazioni e delle emozioni, sono sufficienti un gesto o una faccia per farci innamorare di questa storia,oltre tutto una storia anche d’amore,ma che è condotta in maniera assai casta, un solo bacio alla parola Fine.
In questo film ci riportiamo agli anni Venti quando il cinema hollywoodiano viene rivoluzionato dall’avvento del sonoro e ci parla di un famoso attore rubacuori,George Valentin,che si rifiuta di passare al sonoro,mentre una sua giovane ammiratrice,Peppy Miller,che lui ha fatto entrare nel cinema, sfonda con il sonoro diventano una grande diva. La storia non è certamente nuova, potremmo ricordare E’nata una stella di Wellmann o Cantando sotto la pioggia di Cukor,un musical questo del 1952
ambiantato nella Hollywood di quegli anni e girato a colori e col sonoro.
Hazanavicius ci sa divertire sin dalle prime scene,ma ci sa anche stupire e questa caratteristiche non verranno mai meno per l’intero film. Usa anche l’accorgimento che si rivela assai funzionale di girare col muto non soltanto il film muto con il Valentin dai baffetti e i capelli impomatati alla Ronald Colman o alla Douglas Fairbanks , ma anche nel passaggio ai film girati con il sonoro il regista non da sonoro agli applausi,alle risate e all’orchestra .
Queste apparenti incongruenze sono la forza della pellicola anche perchè sono muti tutti i protagonisti del film, tutti i personaggi che lo animano sul set,nelle strade, e tutto questo risalta maggiormente difronte alla disperazione di Valentin davanti al….mondo che parla.Si direbbe che lui sia vittima di una forma allergica al parlato,odia tutto ciò che risuona,comprese le parole. Odia queste in particolare perché per lui sono contro il cinema,la voce è ingannatrice non rendendo giustizia alla verità e alla forza delle immagini.E,un’altra chicca del film,nelle brevi scene in cui irrompe il sonoro,siano voci o rumori,Valentin impazzisce,persino una foglia che tocca terra produce per lui un rumore assordante.
Poi nell’ultima parte del film il ritorno alla realtà viene scandito ancora da rumori, un bicchiere posato su un tavolo,un cane che abbaia, le voci che escono dalle bocche.
Tornando alla storia ci fa pensare a certe pellicole strappalacrime un tempo di moda, lui ricco e famoso che diventa povero e dimenticato,lei che da povera e sconosciuta diventa celebre e ricca, poi trionferà l’amore che sarà più forte dell’orgoglio di lui,in un finale alla “Cappello a cilindro” con i due protagonisti che ballano freneticamente il tip-tap alla Fred Astaire e Ginger Rogers, non importa che il film sia muto o sonoto.
Film francese,ma girato a Hollywood, nei vecchi studios, nella camera di Mary Pickford(di cui si è usato il letto),negli uffici di Mack Sennett, ricorrendo a molti attori americani di razza, da James Cromwell(il fedele autista) a John Goodman(produttore cinico ma di buon cuore),dalla Penelope Ann Miller(la bella moglie annoiata) al cagolino Jack Russell,attore veramente…di razza.
Il cinema muto,nato e sepolto con il bianco e nero,aveva la sua forza nella leggibilità della storia, nella fotogenia dei volti e degli ambienti, spingendo lo spettatore ad andare oltre questo mondo “grigio” vedendo ciò che non si vede, a immaginare i colori, i suoni.E grazie alle “smorfie”degli attori del muto si vede l’invisibile e si offre un volto e una espressione ad ogni stato d’animo.
Il regista riesce a non cadere nelle secche del patetico e del manierismo, grazie alla bravura degli interpreti,all’ironia della scrittura, a un divertimento vivace e sentito,ecco riesce nell’impresa di far partecipare il pubblico di oggi che una volta tanto rifugge dagli effetti speciali da baraccone e cerca invece la propria emozione nello sguardo, ritrovando il gusto per un cinema tutto da scoprire.
GIUSEPPE PREVITI