” IL LATO POSITIVO “- DI DAVID O.RUSSELL
14 Marzo 2013” IL CACCIATORE DI GIGANTI” DI BRYAN SINGER
2 Aprile 2013Titolo del film di cui andremo a parlare, Un giorno devi andare , già il titolo si presta a un interrogativo che l’autore non ha messo o un esclamativo che sempre l’autore
non ha messo, ovvero Te devi andare a fare qualcosa o sei esortato ad andare o “devi” proprio andare. Il film di Giorgio Diritti, come avrete già capito, è un film che ine-
vitabilmente fa discutere, e questo per il cinema italiano che viene realizzato oggi è già un aspetto interessante. A questo quesito si può rispondere che Diritti fa compiere
alla sua protagonista un viaggio che al di là delle connotazioni geografiche è un viaggio alla ricerca dell’ anima o anche un viaggio che deve fare scoprire il senso della vita.
E oltretutto il regista pur facendo ruotare intorno alla protagonista una serie di figure necessarie a dar vita a una certa situazione nel disegno della stessa tende a renderla
una figura la più ridotta all’essenziale possibile. Infatti è un personaggio giocato molto sull’espressione, parla poco, ride poco, predilige i lunghi silenzi e naturalmente la
solitudine, a brevi…tuffi tra la gente alterna lunghi isolamenti. Ecco quindi che questa impostazione fa pensare che al regista in primis interessi intavolare un dialogo tra la donna
e lo spettatore, ma un dialogo silenzioso, tra anime….
Noi conosciamo Augusta ( Jasmine Trinca ) quando arriva in Brasile su un battello con suor Augusta (Pia Engleberth ) per evangelizzare le popolazioni indios del Rio delle Amaz-
zoni, ma principalmente nel senso non solo di fare di questa gente dei cristiani ma anche di aiutarli materialmente a vivere o sopravvivere secondo un principio di carità cristiana.
La differenza è che se la suora per arrivare a questo risultato accetta qualsiasi compromesso, per lei alla fin fine povertà materiale e spirituale coincidono, Augusta è da subito con-
traria.
Lei è finita in Amazzonia per tutta una serie di incomprensioni che si sono riflesse sulla sua vita: il marito l’ha lasciata perché non poteva fare figli, il padre è morto, il rapporto
con una madre assai chiusa è quello che è. Tutto questo l’ha resa insoddisfatta di sè e degli altri, a poco poco questa sua condizione si rivela, accentuata dalle tante contraddizioni
e negatività che osserva attorno a sè,peggio che in Italia, lei guarda e sta molto zitta. In lei si nota una grande sensibilità, ma anche un senso accentuato del rigore, della morale che
la fa spaziare dalle brutture delle favelas alle grandi spiaggie desertiche che sembra quasi la proteggano.
Certamente il pensiero di Augusta non può che essere quello del regista, è lui che è veramante coinvolto in questa storia che ci racconta, la donna è la forma di esprimere questo
convolgimento.
Ad un certo punto Augusta abbandona la suora e va a vivere nella favelas, condividendo la vita di chi vi abita. Qui il film sembra cambiare registro, Augusta si impegna molto
con i bambini, incontra un giovane con cui sembra sciogliersi anche come donna, organizza per la comunità, prima gli uomini, e poi le donne, una cooperativa. Sembra quindi
che abbia ritrovato il sorriso e uno scopo per la sua vita, ma purtroppo la Natura(un alluvione devastante) e la malvagità degli uomini( corruzione , cattiva politica etc.)fanno
naufragare il tutto.
Per Augusta è un nuovo crollo, lei fuggirà dal mondo, qui nuovamente l’anima della donna e di Diritti si riunificano, non sono per i finali consolatori. Occorre andare, ecco pro-
babilmente che quel dubbio del titolo che avevamo evidenziato lo possiamo risolvere nel senso di una esortazione a “andare” per ritrovare il senso della vita. Cosa farà Augusta ?
Sembra che il sorriso di un bambino riaccenda il sorriso e la speranza anche in lei, ma sarà veramente così ?
Un film difficile da interpretare, forse troppo concentrato sui primi piani della protagonista e del paesaggio, questo porta a una certa immobilità che sa di monotonia, ma il senso
di questa vicenda è che non ti vuole né convincere né pacificare con te stesso, meno che mai darti un happy end. E’ un film di spessore o quanto meno che pone questioni di
grosso spessore. Si procede quindi con toni spesso ispirati, intensi, poi ci sono le fughe, il rifugio nell’assentarsi, ma non mancano anche pagine feroci, certamente un certo modo
di fare religione non è trattato bene, predicatori senza scrupoli, accordi con gli speculatori, la stessa fede di suor Franca è molto di maniera. E poi il problema dei poveri che
fanno gola a tutti, da chi li vuole evangelizzare ( ma a quale prezzo ?) a chi li vuole usare per i propri non commendevoli scopi, a chi vuole preservare a tutti i costi la vita comunitaria pur misera che sia.
Temi vari, certamente importanti, altrettanto importante che il cinema se ne occupi, siamo un po’ stanchi di commediole buoniste e senza senso, Un giorno devi andare ha il coraggio
di fare un film con una protagonista che è una nota attrice, e poi tanti comprimari spesso presi dal vero, quindi non ricorre ai comici o alle star televisive. Ci pone dei problemi
anche attuali e principalmente non gioca su nessun effetto spettacolare, non è facile d’altra parte rendere un “viaggio nell’anima”, Giorgio Diritti ci ha provato con questa storia
e di questo gliene va dato atto.
GIUSEPPE PREVITI