PELLEGRINAGGIO IN CITTA’- DI MARCO VICHI- MAURO PAGLIAI EDITORE
13 Agosto 2010L’INVESTIGAZIONE DI MICHELE GIUTTARI-PLUS EDIZIONI
17 Agosto 2010Il ragionier Mario Rossi è un uomo dalla vita normale, fa il contabile in una ditta di imballaggi. Una esistenza
tranquilla nella sua Firenze, con una moglie sottomessa e devota, due figli ormai grandi, due nipotine. Un
tran tran con qualche evaqsione domenicale.Ma lui si sente sempre più insoddisfatto, cova una sorta di rancore
contro il mondo intero, a cominciare dai suoi familiari. Improvvisamente la moglie muore, e per lui sembrano
aprirsi le prospettive di una nuova vita.Dà sfogo a tutte le sue fantasie, si licenzia dal lavoro,, va a Roma, sogna di
andare a Parigi, ma non è contento,vive in una sorta di malessere continuato, alla ricerca di una indipendenza
più sognata che realizzata.
Mario Rossi, già il nome è un concentrato di banalità, come la sua professione di ragioniere, simbolo di
metodicità o ordine. Marco Vichi con “Un tipo tranquillo”scolpòisce il carattere di un uomo apparentemente
normale, ma minato da una serie di pensieri ossessivi. Un tema non nuovo per il nostro autore, per chi
ricorda le turbe dei vicini di casa ne “L’inquilino”, oppure le trasformazioni dei caratteri in “Nero di Luna”.
Appunto come fanno a cambiare gli individui, basta ben poco a sconvolgere l’esistenza di un c.d.
“Uomo tranquillo” che da travet giornaliero può assurgere al rango di colpevole.
In questa sua esplorazione dell’animo umano lo scrittore fiorentino supera i limiti della tragedia che si
nasconde dietro l’apparenza degli atti di tutti i giorni.,Certo Vichi è spietato verso quest’uomo, ne accompagna passo passo il degrado morale pur se traspare un certo senso di indulgenza.
La famiglia non lo ha mai compreso, lui ha trovato rifugio nella musica classica, nell’alcol, ma nel contempo
si chiude sempre più in se stesso. E rivanga episodi della sua infanzia come quando assistette- 12nne-alla
morte di un povero micino indifeso, senza far nulla per la povera bestiolina. E questo lontano episodio ha
finito per condizionargli la vita, sempre spettatore inerte, mai protagonista. Eppure non riesce a condannarsi
del tutto, come se l’avere assistito a qualcosa di orribile in fondo non gli fosse dispiaciuto.
La morte della moglie romperà il suo fragile equilibrio, sempre più preda di pensieri insani e orribili.E si
taglierà i baffi come a cercare una nuova identità, andrà a Roma, lui che non ha mai viaggiato, sarà
vittima di facili innamoramenti che lo faranno soffrire.
Da un lato la reazione a una vita di “inerte spettatore”, dall’altra la consapervolezza che non ci si può ribellare
a comando, e alla fine la scoperta che tutto dipende dal caso.E sempre per caso andrà incontro al suo destino
di potenziale omicida, incontrando una ragazzina con quale addirittura cercherà di assumere una nuova vita, fingendosi un carabiniere.
Marco Vichi swembra suggerirci di diffidare dei “tipi tranquilli”, anche le persone più calme possono covare
nel loro animo qualcosa di terribile. E’ anc he vero che il caso, la banalità quotidiana possono ben nascondere
dentro di sè il male, difficile distinguere a quel punto tra normalità, pazzia e voglia di fare del male.
E così il ragioniere Mario Rossi da una vita piatta ,monotona, fatta di ” solite cose” passerà a nuove esperienze,
forti emozioni, volendo vivere un a vita più avventurosa, cancellando il passato.E assistiamo al passaggio
da una esistenza grigia e noiosa, di un piattezza enorme, ad un a esistenza “nera”, eccitante, con la scoperta
del male, trasformando sè stesso da una personalità insignificante in un mostro partorito dalla dimensione
oscura del male.
E con il stile asciutto Marco Vichi ci accompagna in questo passaggio, in una sorta di progressivo cedere
alla disperazione e al male. Ha saputo così creare un personaggio semplice e complesso ad un termpo,
un “tipo tranquillo” ma soltanto in apparenza. Un uomo medio che si perderrà nel marasma dei suoi
desideri, dei suoi sogni. E accanto a lui la costruzione perfetta dei tanti per5sonaggi, dell’ambiente,
brav issimo nel descrivere il senso di solitudine e di smarrimento di questa società, con la ricerca-spesso
vana-di una illusoria felicità.
GIUSEPPE PREVITI