DASHELL HAMMETT
20 Aprile 2015UNO DEI PADRI DEL GIALLO ITALIANO MODERNO: AUGUSTO DE ANGELIS- IN LIBRERIA 4 SUOI ROMANZI
15 Maggio 2015Stanno tornando in libreria i romanzi gialli di Augusto De Angelis, a cura degli Omnibus Mondadori. Una piacevole riscoperta non c’è che dire.
Augusto De Angelis giornalista e drammaturgo aveva scritto quattordici polizieschi ma si era fatto conoscere per la conoscenza del genere giallo
con un saggio Conferenza sul giallo(in tempi neri) che registrò un interesse notevole per come il tema veniva trattato Inizialmente doveva essere
la prefazione al romanzo Le sette picche doppiate, ma poi fu pubblicato a parte. Vi si faceva una forte difesa della letteratura poliziesca avversata
dal regime fascista che la riteneva un…vizio. De Angelis difese non soltanto la letteratura di genere, ma si occupò anche del giallo inglese e statuniten-
se arrivando alla conclusione che andava invece difesa la causa di un giallo all’italiana, che del resto era già stata propugnata da altri autori.
De Angelis si era interessato al genere anche come condirettore della rivista “Misteri polizieschi”, ma nel corso degli anni trenta si presentò come ”
scrittore di romanzi polizieschi”, e ne fece la sua attività sino al 1944 quando morì a causa di un brutale pestaggio di marca fascista.
Il protagonista dei suoi racconti era un poliziotto, capo della Squadra Mobile della questura di Milano, Carlo De Angelis, che sarà tra i primi protagonistiseriali della letteratura gialla italiana. De Angelis, molto giovane, dotato di una grande sensibilità, ma anche di un intuito formidabile, abile
psicologo. è una figura di polizotto assai umano e disponibile, una figura vera, reale. Applica il metodo induttivo e deduttivo, si affida molto al suo intuito
e al suo approccio con la scena del delitto. De Angelis, per bocca del suo poliziotto ci dice che ” Il delitto è una deviazione della personalità. lui studiava
e analizzava i personaggi che aveva difronte”.
Aggiungeva anche che “…oggi per scrivere un poliziesco bisogna conoscere Freud”e infatti De Vincenzi studia più gli elementi psicologici che non gli ele-
menti mateeriali( tracce, indizi, testimonianze…)di cui si fida meno. Come scrittore potremmo inserirlo nella corrente dei Simenon, dei Van Dine, ovvero
scrittori i cui proagonisti si affidano molto all’intuito e alla conoscenza dell’animo umano.
Il Giallo che vuole creare deve essere realistico, problematico, ricco di sfumature psicologiche, quindi un romanzo non più solo ” piacevole passatempo”
ma invece da viversi come una credibile storia umana, in cui non può mancare una certa critica sociale,il tutto grazie a una accurata ricostruzione ambientale, con personaggi ” veri”, “autentici “.
De Angelis affermava che ” …mi sono proposto di fare romanzi polizieschi incui le persone vivono una normale vita quotidiana, e in cui la vittima, il colpe-
vole, il detective abbiano muscoli, sangue, cuore e anima. ”
De Angelis con altri scrittori come gli americani Chandler e Hammet, come Simenon viene a far parte di una corrente di scrittori che segnano il passaggio
a una nuova forma di scrittura del giallo, come del resto grandi scrittori dal nome di Pirandello, Svevo, Tozzi, Joyce nei loro romanzi si differenziano da
quello naturista o verista dell’800.
De Vincenzi era un funzionario scomodo per i suoi superiori ( Lei non vuol tener conto degli indizi…..Lei non li arresta perché gli manca la capacità morale…), a volte viene criticato se non deriso, ma via che raggiunge risultati v errà guardato sempre con maggiore stima e rispetto, e così il questore di
Milano gli darà sempre via libera e ancor meglio si troverà con il questore di Roma con cui troverà molte affinità spirituali e quindi anche di metodo e di
azione.
Un altro aspetto interessante della sua letteratura è il rapporto con gli investigatori privati, per il commissario conta l’osservazione e la deduzione con
largo uso dei procedimenti scientifici. Vita dura invece per i detective privati, niente a che vedere con i brillanti investigatori d’oltre Oceano. De Angelis
ci presenta un investigatore privato( nella serie milanese è Harrington), una sorta di doppio da parodia, richiamandosi alla tradizione della “spalla” alla
Watson, solo che qui serve per far risaltare maggiormente l’intuito del poliziotto. L’intento di De Angelis è di ribaltare il luogo comune dell’investigatore
privato vero protagonista e risolutore di ogni caso, mente il poliziotto è imbranato, goffo, incapace ( questo era il rapporto Sherlock Holmes/Lastrelle).
De Vincenzi aveva le sue fisse, i suoi credo, si immergeva letteralmente nell’ambiente del crimine, accetterà suo malgrado il trasferimento a Roma perché non conosce l’ambiente e pensa di poter ottenere molto meno dai suoi metodi. Detestava le indagini di routine, i delitti volgari, quelli nell’ambito
della mala, in compenso era attratto dagli omicidi misteriosi, dagli enigmi complessi, dai casi apparentemente insolubili. Pronto a ripudiare i metodi
tradizionali della polizia, a ricorrere a strattagemmi non sempre corretti per smascherare il colpevole.
Segnerà una vera rivoluzione nella letteratura poliziesca, non più lo scienziato-detective, ma il “poeta-detective”, una figura quindi più letteraria. Il
suo De Vincensi è un intellettuale, lo vediamo leggere molto,e ha tutte le qualità dell’intellettuale: intuizione, sensibilità, psicologia.
De Angelis punta molto sul rapporto tra il commissario e la città di Milano. Lo stato d’animo di De Vincenzi è sempre triste, anche perchè vive in una
Milano sempre grigia, malinconica, piena di nebbia, però il nostro poliziotto pur rimpiangendo le vallate in cui è nato ama questa città che è protagoni-
sta attiva della narrazione, con un suo profilo misterioso, inquietante, una città dai tanti contrasti, teatro comunque ideale per storie di dolore, di ingiusti-
zia, di violenza. Se spesso gli ambienti erano particolari (la Fiera di Milano, Cinecittà, i grandi alberghi, atelier di moda, case da gioco) era per rispettare
le impostazioni censorie che volevano nelle vesti di criminali personaggi stranieri, ma De Angelis riesce lo stesso a darci una visione reale e credibile degli
anni Trenta. Concedeva ben poco alla trionfalistica ideologia del regime, nei suoi testi rimane sempre un malessere di fondo, un qualcosa di malinconico e
di tragico, al di là della soluzione dell’indagine.
De Vincenzi si porta dietro un senso di solitudine, di disagio, di stanchezza, di disincanto, che poi si riflette nel suo commissario, dal carattere ” chiuso e
sognante”, ” assorto”, sì da sembrare più vecchio di quanto non fosse.
Per lo scrittore il giallo è la faccia notturna e quindi inquietante della realtà contemporanea, ma una faccia non creata da lui ma insita nella realtà stessa.
Non ci sono isole felici nei suoi romanzi e i finali non sono sempre rassicuranti, non fa mai sconti alle classi dirigenti, e infatti i banchieri, i senatori la paga-
no duramente. Va sempre ricordato che De Angelis scriveva in un periodo non certo facile e in qualche modo doveva pur concedere qualcosa,,,,,pur rimanendo un fiero oppositore del regime. E’ da lodare per il suo stile di scrittura, molto raffinato e capace di esprimere un ottimo livello culturale.
In molti dei suoi romanzi l’ambientazione è di tipo teatrale con interni borghesi, trame che si esauriscono spesso in un giorno, con la possibilità di riunire
tutti i sospettati in un solo luogo per individuare il colpevole.
Nel 1939 viene acclamato come il migliore tra i giallisti italiani.
Si è sempre parlato di Giorgio Scerbanenco come il padre de ” il giallo all’italiana” ma certamente De Angelis ne è stato un validissimo precursore.
GIUSEPPE PREVITI