” INTERNO COREANO CON SEQUESTRO ” DI YI CH’ONJUN – Obarra0
29 Dicembre 2013” SOGLIA CRITICA ” DI ALESSANDRO PRANDINI- EDIZIONI TERRA MARIQUE
4 Gennaio 2014Cast: Suraj Sharma, Infan Kahn, Tabu, Rafe Spall, Gerard Depardieu, Adil Hussain, Stravanthi Sarath, Andrea Di Stefano
Vita di Pi è stato tratto dall’omonimo romanzo e similmente si divide in tre parti. La prima riguarda la presentazione del giovani protagonista, un ragazzo del sud.est
dell’India. Noi lo conosciamo, ormai adulto, quando viene intervistato da uno scrittore che è in cerca di personaggi e di una grande storia che riveli l’esistenza di Dio.
Attraverso i flash-back sul suo passato conosciamo la famiglia di Pi, con il padre che è proprietario di uno zoo, e lo stesso Pi con vari dubbi sulla religione da seguire.
Poi la famiglia per difficoltà finanziarie decedi di trasferirsi in Canada, dove il padre ha venduto gli animali dello zoo. E proprio durante il viaggio via nave si scatena un
autentico tornado, vediamo Pi felice danzare e cantare sotto l’uragano, ma poi la nave comincia a imbarcare acqua sino a naufragare. Pi riesce a salvarsi su una scialuppa
che oltre lui ospita una zebra, un orango e una jena. La lotta per sopravvivere è certamente assai dura, lo spazio è angusto, e poi occorre procurarsi acqua e cibo. Ma…
piove sul bagnato e tutto si complica quando arriva la tigre che avevamo vista allo zoo e che porta il singolare nome di Richard Parker.
Il film prosegue lentamente puntando su questa coabitazione forzata, la tigre si sbarazzerà degli altri animali, Pi è costretto a costruirsi una piccola zattera tenendosi a di-
stanza dall’animale. 227 giorni in mezzo al mare, il regista è abile nel costruire una storia dive non ci sono scene di massa né ci sono particolari invenzioni, buona parte della
pellicola si basa su un ragazzo, una tigre e il mare. La tigre, realizzata in digitale, è veramente maestosa e fa paura, ma il ragazzo vuole sopravvivere, è di buoni riflessi, sa
affrontare le varie emergenze che si presentano, in un concerto di scene che colpiscono sempre, sia quelle più statiche con i due protagonisti che si studiano, si fisssano
quasi a determinare la rispettiva indipendenza, sia quelle più spettacolari, tempeste, notti di luna, pioggia di pesci, grandi masse di animali. In tutto questo non mancano
spazi di riflessione sulla vita, la sopravvivenza, il senso dell’esistenza, la ricerca di una fede a cui aggrapparsi, Pi è l’unico che è scampato al naufragio e in questo lui vede un
segno dell’esistenza di Dio. La terza parte prosegue sul colloquio tra Pi ormai adulto e l’intervistatore e qui c’è una sorta di colpo di scena perché le versioni che ora da il
narratore sono più di una e divergenti….
Qualcuno ha voluto vedere un riferimento a Hemingway con Il vecchio e il mare, qui Yan Martell ha scritto Il giovane e il mare, più propriamente diciamo che l’autore ha
messo insieme varie situazioni e sensazioni, creando un romanzo d’ avventura, un romanzo sulla natura e sulla sopravvivenza, un romanzo anche che pone dei problemi e
metafisici ma anche sul modo di raccontare le cose, che non è mai uguale, e qui il riferimento a Pirandello è d’obbligo.
Ma alla fortuna della pellicola contribuisce la regia di Ang Lee che ambienta in una immensa distesa di mare la storia di un giovane naufrago e di una immensa tigre,riuscendo
a dare a tutto questa immensità quasi il tono di un filma da camera….Se la distesa è sterminata non è vero che non si possa creare sulla stessa una situazione al limite della…
claustrofobia.
Girato in parte dal vero e in parte in digitale Vita di Pi, mostra questo ragazzo che pur di sopravvivere si attacca a tutte le religioni ma lo fa con una intensità e una spirituali-
tà che certamente gli permetteranno di trovare Dio. Un film incantevole, che ti tiene sempre avvinto, che non usa mai i paesaggi o gli animali come presenze aggiunte da carto-
lina, ma li fa componenti essenziali della vicenda.
8 milioni d’acqua per ricostruire l’Oceano, ma anche questo non si avverte, il regista sa sempre mantenere alto il ritmo narrativo. Al successo contribuisce il giovane Suraj
Sharma, con una interpretazione molto “partecipata”, soggetta alle varie offese della natura, ma sempre pronto a controbattere ai colpi della stessa.
Ang Lee è un regista che si affida molto al sentimento, qui era alle prese con un libro non semplice da rendere visto le troppe sfaccettature, e anche la possibilità che tutto quanto
raccontato sia un falso viene resa attraverso brevi cenni e brevi riprese, ma non si scade mai nella retorica e nel buonismo.
Il ragazzo e la tigre, l’uomo e Dio, il mare e la natura, argomenti vari e dissimili, a Lee il merito di averli amalgamati al punto giusto.
GIUSEPPE PREVITI