RIII-RICCADO TERZO DI WILLIAM SHAKESPEARE- TRADUZIONE E ADATTAMENTO DI VITALIANO TREVISAN
25 Marzo 2013” LA TORRE D’AVORIO ” DI RONALD HARWOOD – regia di LUCA ZINGARETTI
10 Novembre 2013Cast: Sergio Rubini Michele Placido Pier Giorgio Bellocchio Anna della Rosa Lidya Liberman Bruno Cariello Maria Lovetti Marco Trebian e Lucia Ragni
Zio Vanja è un uomo modesto che sa stare al suo posto e che provvede a mandare avanti e amministrare l’azienda agricola della nipote Sonja figlia di primo letto
del professor Serebrijakov, , un anziano professore assai vanitoso e molto egoista, che si è risposato con la giovane e bella Elena. Questa era stata conquistata da
l’intelligenza e dall’ingegno del marito, verso il quale anche Vania nutriva un grande affetto. Ma il professore si rivela per quello che è, un pallone gonfiato che
vuole essere servito e riverito. Altro che grand’uomo, quello per cui ha sempre lavorato Vanja credendolo buono e degno di rispetto.
Si ritrovano tutti nella casa di Sonja, la nipote di Vanja, bruttina ma di buon carattere e sempre ottimista. E’ innamorata cotta del dottor Astrov ,medico personale
del professore, altro mezzo fallito, dedito all’alcol, e invaghito di Elena. Nella grande casa vivono Maria, la madre della prima moglie del professore, Ilia, un brav’uomo
caduto in miseria, e naturalmente Vanja , che fuma, legge, scrive e emette sentenze in continuazione, In questo piccolo universo molti gli amori impossibili, di quello
di Sonja verso Astrov abbiamo già detto, ma anche Vanja è profondamente innamorato di Elena. Ma l’amore è un fattore dirompente in questo gruppo , ne ravviva le
e ne scuote le coscienze, pur dilaniandosi tra loro li incita a vivere e a confrontarsi anche con se stessi oltre che con il resto del mondo… E’un gioco crudele tra istinti
naturali, aspirazioni e voglia di riscatto, delusioni e negazioni di un qualsiasi futuro. Amori senza speranza quelli di Vanja verso Elena e di Sonja verso il dottore, che riesce
a baciare Elena, ma vengono scoperti da Vanja e allora tutto precipita. L’odio verso il professore che a sua volta alimenta il fuoco che covava annunciando di voler vendere
la tenuta porta alla violenta reazione di Vanja che esplode verso di lui un velleitario ( come lo è tutta la sua vita….)colpo di pistola, urla tutto il suo odio e il suo desiderio di
rivalsa., ma poi tutto sì acqueterà. IL professore decide di partire, Elena potrebbe corrispondere all’amore di Astrov, anche se aveva cercato di convincerlo a unirsi a Sonja,
ma poi decide di seguire il marito. E così tutto finisce , come lei aveva alimentato il vento di ribellione, ora tutto torna nella calma, Vanja che aveva pensato anche al suicidio,
si rinchiude, con la povera Sonja, in una sorta di non vita, anche se lei cerca di consolarlo con parole di fede nell’al di là che riserverà un mondo migliore. Una fiammella di
speranza in un’atmnosfera di fallimento generale di un mondo che si avvia all’estinzione.
Questo testo di Anton Cechov è tra i capolavori del teatro, un teatro quello di Cechov capace di mantenere il tono poetico anche quando sfiora i toni della commedia, pur se
in questo sembra quasi di arrivare alla tragedia. La storia che ci parla di una famiglia di possidenti decaduti nella campagna russa dell’Ottocento, è un’opera tra le più amare
e meno ricche di speranze tra quelle scritte dal grande autore russo. Si può definirlo un testo della “non-speranza” in cui il crollo del mondo rurale travolto dal progresso è
più che un presagio di quello che sarà il futuro. Una società una volta ricca e opulenta è ora accerchiata dalla misera e della decadenza, è un testo scritto due secoli fa ma
sicuramente adatto anche ai nostri giorni. E la forza di questo testo sinistramente moderno sta anche nel come lo si racconta in questa sconvolgimento di sentimenti, di
rapporti sociali, di valori dell’amicizia, del resto la galleria che Cechov offre ai teatranti è assai vasta, dai piccoli proprietari in rovina ai professionisti abbrutiti dalla fatica
ai fatui baroni della cultura, agli schiavi e della miseria e delle proprie passioni. Tutti personaggi negativi, malati di una profonda melanconia e di una tristezza per un futoro
che si prospetta assai buio.
Il carattere di questa rappresentazione di Bellocchio non è molto verista, le scene di Carluccio sono belle e funzionali a quel tono di melanconia che pervade un po’ tutta
la realizzazione.Questo ci è sembrata l’intenzione della regia che ci presenta la drammaticità e la tragedia del nostro vivere quotidiano anche con una punta di distacco. Ci
si cala sì ironia ma anche con tristezza in questa storia di tanti amori impossibili, dove è più facile apparire ridicoli che delle figure poetiche. Figure che ci appaiono sempre
fragili, incapaci di aprirsi veramente, solo capaci di ingoiare bocconi amarissimi per poi più che risorgere riuscire a vivere della e nella propria rassegnazione. Personaggi che
ci vengono rappresentati come dei misantropi, figure opache, piene anche di livore ma pure tenerissime in questa loro frustrazione continua.
Zio Vanja , più delle Tre sorelle o del Giardino dei ciliegi, ha un suo stile assai crudo e fortemente drammatico, qui i tipi e le passioni sono delineati con grande spessore, gli
altri due capolavori sono più rarefatti, più ariosi, più labili pur se comune è il senso del sogno che non si realizza e se ne va. E ovviamente molti registi va Visconti a Missirolia Garella hanno puntato su un carattere fortemente verista, Bellocchio, un occhio anche a una sorta di regia filmica (è prevista alla fine della tournée teatrale la realizzazione di una pellicola
cinematografica), di sembra più puntare ai sentimenti. E anche con una certa ragione se si pensa a quell’incantesimo garrulo e triste che Cechov ci vuole trasmettere. I perso-
naggi si stagliano sul palcoscenico con una determinatezza netta e risentita, dura e amara. IL loro patire, la loro solitudine, la loro malinconia, il loro tarsformarsi in anime
quasi senza pace rientrano in quella poeticità propria del testo, un testo che per certi versi è molto “interiore”, e che come tale va reso. Cechov gioca molto sulle parole,
passando dal semplice fraseggiare domestico al melodioso richiamo delle parole sino ai toni forti della tragedia, ma appena sfiorati, anche sulla scena, quel che conta è
la tragedia “morale” e ci sembra che questa nuova proposta cechoviana rispetti questi requisiti.
Personaggi assai intensi, pittoreschi, vivi emblemi di una società che ha ancora qualcosa da dire, ma è anche profondamente malata, perdura, avviata alla fine, e certo
non è che poi i nostri giorni siano tanto migliori….E se Vanja è il protagonista, Sonja è la creatura più significativa di questa giostra di sentimenti e nefasti presagi.
Due però le prime donne in zio Vanja: la figliastra e la matrigna, due modi assai diversi di rappresentare la personalità femminile. Qui le rappresentano Anna Della Rosa
e Lidya Liberman, nei panni della bruttina e della bella strappacuori. Sonja è una ragazza non bella e semplice che vive nella campagna, una vita fatta di piccole cose,
di qualche nostalgia, di tanti sogni.Elena è una donna affascinante, è sposata con un uomo anziano, vive di apparenze e di eleganza, abituata alla città in campagna si
annoia, non vuole fare niente e la sua presenza finisce per contagiare tutti stravolgendo la vita di queste persone semplici e spontanee. Sonja vive di questo amore
segreto verso Astrov, ma lei fondamentalmente è una ingenua, non agisce con malizia, anche il fatto di rivelarsi alla più maliziosa Elena ne è la riprova. Elena è una
figura contraddittoria, anche lei non è felice, patisce anche ‘attrazione per Astrov, non vorrebbe far del male alla figlioccia.
Anna Della Rosa è una credibile e sofferta Sonja, Lidya Liberman è Elena, sicura in quella…sicurezza che poi è solo apparenza, lei è quasi un corpo estraneo in questo
piccolo mondo di falliti o di modesti, e questo forse la salva, almeno non coinvolgendola nel triste destino di chi rimane in campagna.
Molte e ben rimarcate le presenze maschili.Sergio Rubini è zio Vanja ora malinconico, ora preponderante, ciarliero, sputasentenze, netto nei suoi giudizi, e , lo
abbiamo già detto, innamorato. Una grossa occasione per un attore, Rubina non se la fa sfuggire, alternando vari toni, dal garrulo al comico, dal semplice al
corrosivo. Una sorta di Enrico IV pirandelliano, anche lui si rifugia nella…follia per non pagare il dazio dei suoi atti, ma nel complesso amarezza e frustrazioni
sono le caratteristiche di questa interpretazione. Quando si dichiara ad Elena con una maschera fissa, quasi cattiva sembra già avviato verso la follia, pur
mostrando la passione che lo divora, insomma un Rubini che conquista la platea a piene mani.
Pier Giorgio Bellocchio da a Astrov una presenza virile ma dolorosa, avverte il suo disfacimento ma è amaro nell’avvertire la sua impotenza a sovvertire il corso
delle cose.
Michele Placido da spessore alla figuretta quasi umoristica di Sebriakoff, l’inconsapevole deus ex machina di tutta la vicenda.
GIUSEPPE PREVITI